27 giugno 2010

// // Lascia un commento

E' morto il gigante Bol - Asso nella Nba e per il Sudan

E' morto il gigante Bol
Asso nella Nba e per il Sudan

Sudanese, tra i più grandi stoppatori di sempre, disputò dieci stagioni negli Usa e anche due partite a Forlì. Poi l'impegno umanitario per il suo Paese. Stroncato a soli 47 anni da una rara malattia

Manute Bol è morto a 47 anni. Ap
Manute Bol è morto a 47 anni. Ap

NEW YORK, 19 giugno 2010 – L’uomo che si dice abbia ucciso un leone, uno dei più alti ad aver mai calcato i parquet Nba, stavolta non ce l’ha fatta. Manute Bol è morto all’età di 47 anni in un ospedale di Charlottesville, Virginia, ucciso dalla sindrome di Stevens-Johnson, rara malattia della pelle che ne aveva portato al ricovero il 12 maggio scorso. L’aveva contratta in Sudan, il suo paese natale, durante uno dei suoi tanti viaggi umanitari, causa a cui aveva dedicato tutta la sua vita e la sua fortuna. In Nba ci è rimasto 10 anni, re delle stoppate grazie ai suoi 231 centimetri, ma così magro, per dirla come una volta lo apostrofò Woody Allen, che le sue squadre risparmiavano sui viaggi spedendolo di città in città via fax. La sua vita, che lo aveva portato per un breve periodo anche in Italia, è leggenda, come quella che da ragazzo avesse ucciso un leone: a mani nude, secondo alcune versioni alimentate dal suo stesso agente; con una lancia mentre dormiva secondo altre.

STOPPATE E TRIPLE — Bol si avvicina al basket a 16 anni, poi viene notato da uno scout statunitense che lo porta negli Usa anche se lui non sa una parola d’inglese. La sua avventura in Nba dura 10 anni e 624 partite a partire dal 1985, quando viene scelto col numero 31 al draft dai Washington Bullets diventando il più alto in Nba (primato toltogli poi da Gheorghe Muresan, di qualche millimetro più alto). Fa segnare il record di stoppate in una stagione per una matricola (397, 5 di media a gara) e chiude la carriera con più stoppate, 2.086 (3,34 a partita, secondo nella classifica di tutti i tempi), che punti segnati, 1.599. In un match contro Orlando ne mette a referto 4 in un solo possesso, dividendo il parquet con Muggsy Bogues, il più basso giocatore di sempre (160 cm). Durante l’esperienza a Golden State (Philadelphia e Miami le altre squadre in cui ha giocato), inizia a tirare con regolarità da tre punti, mettendo a referto 20 triple in una sola stagione. Nel 1992/1993 mentre è ai Sixers, ne infila addirittura 6 su 12 nel solo secondo tempo di una sfida contro Phoenix dell’ex compagno (e vittima preferita dei suoi scherzi) Charles Barkley. Finita la carriera Nba nel 1996 sbarca a Forlì, voluto fortemente da coach Massimo Mangano. Arriva come un divo, sfilando addirittura su una passerella, ma dopo appena due partite viene cacciato e torna in Sudan.

IMPEGNO UMANITARIO — E’ proprio il Sudan il grande amore di Bol. I quasi 6 milioni di dollari guadagnati in carriera sono finiti quasi tutti alla Ring True Foundation, nata per raccogliere fondi per i rifugiati sudanesi. Una volta venne multato di 25mila dollari dalla sua squadra di allora, i Miami Heat, per aver perso due gare di preseason: il motivo era che si trovava a Washington per aiutare i dialoghi di pace tra i signori della guerra sudanese, che bombardavano i campi profughi a cui andava a far visita. Nel 2001 gli viene offerto il posto di ministro dello sport dal governo del suo paese: lui rifiuta perché avrebbe dovuto convertirsi all’Islam (era cattolico), e per questo viene trattenuto nel paese, accusato di supportare i ribelli cattolici, aiutato a uscire da una raccolta fondi promossa dai suoi sponsor americani. Sei anni fa si era rotto il collo in un grave incidente d’auto. Negli Usa viveva modestamente, pagando i suoi conti tenendo discorsi o grazie agli aiuti dei suoi ex compagni di squadra, su tutti Chris Mullin.

A CACCIA DI FONDI — Finiti i soldi guadagnati col basket, Bol accettava qualsiasi trovata pubblicitaria pur di racimolare fondi da destinare al suo Sudan. Divenne il fantino più alto del mondo senza mai essere salito a cavallo e il più alto giocatore di hockey di sempre pur senza saper pattinare. Successe nel 2002, quando firmò un contratto di un solo giorno con gli Indianapolis Ice della Central Hockey League: la pubblicità generata dal suo ingaggio diede un’enorme boccata d’ossigeno ai conti della sua fondazione. Così come la sua apparizione sul ring nel Celebruty Boxing Show della Fox, trasmissione a cui aveva accettato di partecipare in modo che l’emittente mandasse in sovrimpressione il numero di telefono della sua fondazione. Stese in tre round l’ex giocatore di football William “Congelatore” Perry. In Sudan ci era tornato anche in aprile, per tentare di combattere la corruzione e aiutare lo svolgimento di elezioni democratiche. “Il Sudan e il mondo hanno perso un vero eroe. Ha veramente dato la vita per il suo paese, facendo quello che poteva per aiutarlo” scrive nel suo sito l’organizzazione no profit Sudan Sunrise, il cui presidente, Tom Prichard, è rimasto fino all’ultimo al capezzale di Bol. Il basket ha perso un gigante, il mondo forse qualcosa di più.

Davide Chinellato

Posted via email from Il labaro elettronico

0 comments: